Sforza, l’highlander della Murgia

Sforza, l’highlander della Murgia

l biker altamurano ha partecipato alla gara più dura del mondo

Su seicento partenti ne sono arrivati al traguardo in poco più di trecento e lui ha chiuso al 220° posto. Antonio Sforza, oggi ha 52 anni e, da circa 12, pratica ciclismo. Qualche giorno fa ha concluso per la prima volta nella sua vita la Salzkammergut MTB Trophy in Austria (211,3 km – 7.049 metri di dislivello), la gara di mountain bike più dura al mondo. Lo ha fatto il 14 ore e 44 minuti dopo essersi allenato sulle strade della Murgia intorno ala sua Altamura, dove vive. Non certo un territorio adatto a preparare la gamba per dislivelli cosi importanti, eppure Sforza ci è riuscito.
Prima della gara in Austria aveva chiuso per la sesta volta la Hero Sud Tirol Dolomites. il giro dei quattro passi in bici in Trentino Alto Adige (il cosiddetto Sellaronda), altra gara per highlander delle due ruote. Ha inforcato la bici nel 2010, quasi per ripiego, oltre che per necessità, ma poi si è innamorato cosi tanto, da trasformare la passione in un lavoro. Sforza giocava a calcio, era capitano della Puglia Sport Altamura, in seconda categoria, poi un contrasto dì gioco lo ha messo ko. Problemi al ginocchio, i legamenti da ricostruire, le scarpette appese al chiodo. Il medico gli aveva consigliato dì fare qualche passeggiata in bici per rinforzare i quadricipiti e da allora l’atleta altamurano non è più sceso di sella. Nel frattempo anche la vita professionale andava in salita. Sforza lavorava in un salottificio altamurano, ma è arrivata la crisi e la inevitabile cassa integrazione.
Un imprenditore locale aveva bisogno di un esperto in manutenzione per le bici e l’atleta ha iniziato a lavorare con lui. Oggi gestisce un negozio di biciclette (la proprietà è di Tony Altamura) che è punto dì riferimento dì tutta la zona. Lo segue insieme a Gigi, il figlio più grande che ha 23 anni e lo accompagna in ogni gara come un angelo custode. L’altro figlio, Erasmo, anni 21 fa ciclismo come il papà. Che ha coinvolto sulle due ruote tutta la famiglia. Anche la moglie Rosa si è appassionata ed è la leader della Pink Freedom, la divisione femminile della Freedom Cycling team dì Altamura, una squadra dì circa 50 atleti fondata proprio da Sforza. Rosa guida un gruppo di 8 donne che il sabato si uniscono ed escono insieme in bici. Niente gare, solo passeggiate amatoriali.
L’idea di partecipare alla gara austriaca era nata già nel 2019. Sforza si era iscritto con altri due amici, si era preparato a lungo e allenato, poi però i due lo hanno lasciato solo e non se l’è sentita di partire senza cli loro. Quest’anno ha deciso dì riprovarci anche perché aveva ancora nelle gambe i chilometri del Sellaronda. Lo a spinto soprattutto suo figlio Gigi che lo ha seguito in bici elettrica lungo il percorso e lo ba incitato ai ristori. È stata una presenza fondamentale soprattutto intorno a metà gara quando Sforza ha anche pianto. Si è fermato, lo ha abbracciato e poi è ripartito perché ha trovato nello sguardo dì Gigi la forza cli non mollare.
Una gara del genere non sì può improvvisare. Sforza si allena circa tre volle a settimana per 50-60 km, poi la domenica ci sono i lunghi che possono arrivare anche a 90. In media ogni anno pedala per circa 10mila chilometri. “Devi avere tanta testa ma anche una predisposizione fisica alla resistenza e alle salite” – dice l’atleta dì Altamura – “oltre che curare molto l’alimentazione”. Non segue tabelle, si allena a sensazione, non ha un nutrizionista, ma nella sua dieta ci sono riso e fibre, poche proteine (predilige quelle cli origini vegetale). Ma poi, dice lui stesso, dopo la gara, birra e vino a volontà. Come si fa a preparare una gara cosi dura avendo a disposizione solo pianura? “Si cerca di prediligere le poche salite che il territorio offre e dì ripeterle più volte” – dice – “ma è chiaro che occorrono anche caratteristiche fisiche”.
Il prossimo obiettivo è organizzare la gara in casa del 18 settembre che è la penultima prima del circuito XCP Puglia. “Ho lascialo il manubrio e ho impugnato il decespugliatore” – dice – “perché sto rifinendo le siepi lungo il percorso”. L’anno prossimo dì nuovo il Sellaronda e forse dì nuovo I’Austria. Perché l’appetito vien mangiando e la fatica fa scollinare sempre su ambizioni più grandi. Si soffre e ci si diverte. Non è un ossimoro, è il principio cardine delle passioni. Lo diceva anche Gianni Mura: passione ha la stessa radice dì patire. Questo non spiega tutto, ma molte cose si.

Patrizia Nettis
Gazzetta del Mezzogiorno

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