Roberto Ninivaggi: “Che emozione corre e vincere in casa”

Roberto Ninivaggi: “Che emozione corre e vincere in casa”

Ninivaggi sul podio insieme a Di Leo e CegliaIl giovane atleta altamurano si racconta in una lunga intervista

Non si è ancora spenta l’eco della vittoria di Roberto Ninivaggi nella 23^ edizione del “Trofeo Auxilium”. Il giovane atleta altamurano, nonostante non abbia potuto alzare il trofeo del vincitore, destinato al primo della categoria “master, è riuscito a tagliare per primo il traguardo nella corsa di casa, imresa che marcava dal lontano 1991 quando ad imporsi fu Nicola Eramo. Quello di domenica, comunque, non è l’unico risultato di rilievo ottenuto dal sedicenne atleta tesserato per l’US Giovani Atleti Bari che, non più tardi di due settimane fa, è salito sul gradino più basso del podio nei Campionati Italiani Allievi su pista nella gara dei 3000 mt, senza contare le numerose vittorie ottenute a livello regionale.<br />Per celebrare degnamente questi successi ci è sembrato giusto proporvi un’intervista che il giovane atleta altamurano ci ha concesso. Se avrete la pazienza di arrivare alla fine, scoprirete un atleta forte, determinato, con le idee chiare e senza peli sulla lingua.
Allora Roberto, presentati ai nostri lettori
“Ciao a tutti, io sono Roberto Ninivaggi, un normale ragazzino di 16 anni con una grande passione, quella per l’atletica. Ricordo ancora molto bene quando ho cominciato a correre, ero un bambino e mi piaceva correre di qua e di là. Poi nel 2002 mi sono avvicinato all’atletica praticandola fino al 2004. Solo nel 2006 ho scelto definitivamente questo sport e spero di continuare a lungo. In questa scelta ha sicuramente influito la presenzia di mio padre, anche lui praticante di atletica leggera. Ricordo che quanto mi portava con se alle gare a cui partecipava, la passione cresceva di volta in volta”.

Come mai in un paese come l’Italia, e Altamura in particolare, dove tutti i ragazzini pensano al calcio tu invece hai scelto di praticare l’atletica leggera?
“Nonostante il cacio sia da tempo una realtà non solo cittadina, ma nazionale, non l’ho mai amato. Per me, infatti, il calcio non è più uno sport ma, come molti avranno notato, è diventato un vero e proprio business. Un’economia a parte che sfrutta tifosi e veri appassionati solo per una questione di soldi. E più si va avanti e più si cade nel tranello che i grandi imprenditori ci stanno tirando. Per questo ho scelto l’atletica, perché oltre a piacermi, è uno sport essenzialmente povero e quindi come tale resta uno sport vero, e poi, ammetto che stancarmi tanto, anche negli allenamenti ,è un po’ nella mia natura e quindi mi ci ritrovo molto”.
Dopo tanti anni, grazie alla tua splendida prestazione, un altamurano è tornato a tagliare per primo il traguardo del “Trofeo Auxilium”. Cosa si prova a gareggiare e vincere in casa?
“Bella domanda questa…cosa si prova a vincere in casa? Beh, parto dal presupposto che il solo gareggiare in casa è un susseguirsi di emozioni indescrivibili. Non ti nascondo che ho vissuto i momenti prima della gara come una seconda nazionale. Sai, correre con persone che conosci ai bordi della strada, forse, è molto più difficile che correre con degli spettatori estranei. Sapevo di star bene e di poter puntare alla vittoria: fino a qualche mese fa sognavo di vincere un giorno la gara della mia città ma non pensavo cosi presto! Ho iniziato a pensare alla gara già da giovedì anche se, poi, ho provato a non farlo per non andare troppo in tensione. La domenica della gara, addirittura, mi sono svegliato all’alba perché ormai non riuscivo più a dormire e avevo bisogno di star un po’ calmo. Anche i pronostici mi davano come uno dei favoriti e questo, di certo, non ha aiutato il mio stato emotivo. Poi quando ho cominciato a riscaldarmi ho azzerato tutte le emozioni, anche se è stato difficile, e, così, sono arrivato al momento dello sparo. E poi via, in gara ho cercato sempre di essere coperto e di non espormi agli avversari. Poi con più di metà gara alle spalle ho chiuso gli occhi, per fortuna ero in rettilineo, e ho solo ascoltato il fiato di chi era di fianco a me. Molti avversari faticavano con il respiro mentre io ero ancora molto fresco. Allora ho pensato che fosse il momento giusto per attaccare, l’ho fatto senza paura e, come immaginavo, nessuno ha provato a reagire. Ho portato il mio allungo per un altro km e poi, dopo aver staccato la concorrenza, ho amministrato il mio vantaggio. Gli ultimi 200 mt non li ricordo bene, ero troppo emozionato, ricordo solo che vedere tutte quelle persone, molte delle quali le conoscevo, che mi applaudivano è stata un’emozione grandissima. Ammetto di non aver realizzato subito quello che avevo fatto, ma solo dopo alcuni giorni, ho iniziato ha capire di aver fatto davvero una grande prestazione. Penso che tutti i cittadini altamurani possano essere orgogliosi di questa vittoria perché dopo tutto non è solo la mia vittoria, ma la vittoria di tutta la città”.
Andiamo indietro di qualche giorno. Hai conquistato la medaglia di bronzo nei 3000 mt dei campionati nazionali allievi? Che sensazione si prova a raggiungere un traguardo così prestigioso?
“Se ci penso rabbrividisco ancora! È così difficile descrivere a parole la gara di Rieti! Ero molto teso, non sapevo cosa pensare anche perché c’era tutta l’élite dell’atletica italiana della mia categoria! Sono sceso in pista e la prima cosa che ho fatto è stata guardare le tribune, erano piene di gente. È un po’ la sensazione che prova un calciatore quando entra in uno stadio pieno. Non pensavo a niente, volevo solo che la gara andasse bene. E dopo lo sparo ho ripetuto nella mia mente decine e decine di volte i consigli del mio allenatore, reagivo come una macchina, appena succedeva qualcosa di anomalo. Samuele Dini, che poi ha vito il titolo, era davvero forte, tanto da essere stato ai Mondiali di categoria svoltisi a Lille a Luglio, il primo europeo sui 3000 mt. Era quindi impossibile da fronteggiare in quella gara, dietro eravamo tutti lì per giocarci le piazze d’onore. Poi all’ultimo giro è partito lo sprint finale e sono stato bravo a prendermi quella medaglia di bronzo che tanta felicità mi ha dato e mi da ancora. Per me, però, non è un traguardo prestigioso, bensì una partenza prestigiosa”.
Quest’anno sei passato nelle categorie assolute. Che differenze ci sono rispetto alle categorie giovanili?
“Fino alla categoria cadetti (14-15 anni) l’atletica è vista in maniera molto più spensierata, invece dalla categoria Allievi (16-17 anni) in poi si comincia a vivere l’atletica come una vera e propria sfida: si preparano gli appuntamenti importanti, si gareggia molto di meno e ci si allena di più”.
Claudio Lorusso, l’allenatore della squadra giovanile dell’Atletic Club Altamura, si lamenta spesso della mancanza di una pista di atletica nella nostra città. La stessa cosa evidenzia il tuo allenatore, Michele Manicone. Ci spieghi come hai fatto ad emergere nonostante queste difficoltà?
“Hai toccato un tasto dolente come quello degli allenamenti, sul quale ci sarebbe molto da dire. Come, giustamente, sottolineano da anni i tecnici del settore giovanile, ad Altamura non c’è una pista di atletica, quella dello stadio D’angelo è in cemento ed asfalto mentre quelle vere sono in materiali di gomma. Continuiamo, dopo anni di richieste, ad allenarci in strada, rischiando tutti i giorni di morire o di avere spiacevoli incidenti con le auto che passano. Questo è davvero inammissibile. Sono stato in altre regioni come il Trentino dove, paesini che contano 2.000 abitanti al massimo, possiedono piste con 8 corsie omologate dalla Federazione Internazionale di Atletica Leggera e che non vengono usate quasi per niente per via del freddo e della neve. Per fare una pista di atletica non servono chissà quanti soldi, se si contano anche gli aiuti economici della FIDAL, del Coni e di tutte quelle strutture amministrative preposte. Per preparare i campionati italiani sono stato costretto ad allenarmi nella struttura di Acquaviva per 3 o 4 volte a settimana, tutto questo per 3 mesi e, anche ora che comincia la preparazione invernale, la pista servirebbe molto e sarò costretto ancora a spostarmi tutti i giorni. Durante le gare che svolgiamo, soprattutto in Puglia, i nostri avversari/amici dei paesi vicini ci sbeffeggiano quando sentono che non abbiamo una pista. E non hanno tutti i torti, abbiamo toccato la soglia dei 70.000 abitanti e non c’è una struttura adeguata che, sono sicuro, incentiverebbe anche la pratica di questa disciplina in tutta la città. Mi chiedo se tutte queste cose, gli amministratori locali e, soprattutto, l’assessore Giovanni Saponaro, visto che anche lui ha praticato atletica e sa i rischi che si corrono, le hanno messe in conto. Basterebbe, ripeto, davvero poco per soddisfare molti e l’intera popolazione cittadina. Mi chiedo quanto aspetteremo ancora prima di poterci allenare sulla pista di Altamura e quante altre volte io e il mio gruppo di allenamenti, così come i ragazzi allentati da Claudio Lorusso, saremo costretti a spostarci in altre città diventando gli zimbelli dell’intera regione. Ci sono tanti giovani promettenti ad Altamura, io sto emergendo bene grazie soprattutto al lavoro su pista, ma mi chiedo dove sarei ora se non avessi avuto la possibilità di spostarmi a giorni alterni ad Acquaviva. Comune di Altamura sveglia!”
Noto con piacere che hai le idee molto chiare. Adesso, però, facciamo un passo in avanti. Quali sono i tuoi programmi per il futuro?
“Mi chiedi dei miei programmi per il futuro? Ti potrei elencare tante date importanti che mi sono prefisso ma non lo faccio perché non voglio peccare di superbia. Posso tranquillamente dirti, però, che l’anno prossimo punterò a conquistare il titolo di campione italiano di cross e su pista. Ce la metterò tutta come sempre e spero che fra un anno il mio nome possa figurare negli annali dell’atletica”.
Un ultima domanda? Chi sono i tuoi idoli sportivi?
“Parto dal presente con Kenenisa Bekele, il cui palmares sarebbe troppo lungo da scrivere, e poi vado indietro nel tempo con Salvatore Antibo. Per me è il migliore e spero un giorno di poterlo incontrare così da potermi confrontare con uno degli ultimi atleti bianchi che è riuscito a tener testa al continente nero”.
Vuoi ringraziare qualcuno?
“Di ringraziamenti ce ne sono tanti da fare. Inizio con il mio papà che mi ha seguito durante il “Trofeo Auxilium” in bici. Seguendo i suoi consigli sono riuscito ad arrivare “sano e salvo” al traguardo, superando una piccola crisi a 3/4 di gara che, molto probabilmente, non avrei superato senza il suo aiuto. Lo ringrazio anche per tutte le volte che mi segue e soprattutto perché è grazie a lui se ora pratico atletica leggera. Poi ii miei allenatori, Michele Manicone e Piero Allegretti, che mi hanno sempre sopportato e supportato in qualsiasi situazione, buona o brutta che sia, hanno saputo motivarmi al momento giusto e saputo sgridarmi quando dovevano. Poi ringrazio i miei compagni di allenamento Leonardo Di Leo, Michele Laurieri e Michele Chiarappa perché senza di loro non credo sarei riusciti a portare a termine i duri allenamenti ai quali mi sono sottoposto e perché, anche nei momenti più difficili, non sono mai mancate risate e scherzi. In ultimo ringrazio Gianni Ceglie, compagno speciale di allenamenti, che si sarebbe arrabbiato se non lo avessi citato a parte: l’ultimo allenamento prima di Rieti l’ho fatto con lui e quindi a lui va un ringraziamento speciale. E poi, naturalmente, ringrazio te Domenico per avermi concesso questa intervista e tutte le persone che leggeranno. Spero non si annoino! Mi rendo conto di aver scritto tanto!”
Termina qui la nostra chiacchierata con Roberto Ninivaggi. Siamo sicuri che chi ama lo sport non si annoierà, così come siamo sicuri che sentiremo ancora parlare di lui.

Domenico Olivieri

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